Un patch venoso per ridurre l’alto rischio di recidive

30 Aprile 2018

L’ostruzione dei tronchi brachiocefalici

Quando in ambito sanitario professionalità, esperienza, capacità e ricerca si incontrano, ecco che nascono innovazioni capaci di migliorare, e in molti casi salvare, la vita delle persone.
Parlando di novità in campo cardiovascolare, non si può fare a meno di raccontare la tecnica per il trattamento della stenosi dei vasi brachiocefalici messa a punto dal Prof. Salvatore Spagnolo, Direttore dell’Unità di Cardiochirurgia del Policlinico di Monza.
Partiamo quindi ad analizzare la patologia.

L’ostruzione totale o parziale dei tronchi venosi brachiocefalici, interferendo con il regolare deflusso del sangue dal sistema nervoso centrale, è frequentemente associata a una sintomatologia neurologica ingravescente.
Questa patologia può essere efficacemente risolta mediante un complesso intervento chirurgico in cui viene applicato il cosiddetto “patch di allargamento”. La tecnica consistente nell’aprire longitudinalmente la vena ostruita, allargare la strettoia grazie ad una vaso venoso prelevato dalla gamba del paziente e andare a creare così un nuovo vaso più largo in grado di ristabilire il fisiologico deflusso del sangue.

Nel corso degli ultimi anni, grazie a importanti studi di anatomia patologica e all’avvento della risonanza magnetica (RM), si è riusciti a comprendere meglio la complessa anatomia e fisiologia del sistema venoso cerebrospinale, evidenziando in particolare come a carico delle vene celebrali sia assente un sistema di valvole venose e come possa esistere una continuità anatomica e funzionale tra le vene cerebrali e quelle spinali. Ancora oggi sono scarse le conoscenze sulle patologie secondarie all’ipertensione del circolo venoso cerebrale, riconoscendo essenzialmente un quadro di ipertensione endocranica idiopatica e una secondaria ad ostruzione a livello delle vene cave, vene azygos, vene brachiocefaliche, vene giugulari e dei seni venosi.

L’insufficienza venosa cronica cerebro spinale (CCSVI) è una condizione vascolare caratterizzata da un ristretto deflusso venoso dal cervello, dovuto principalmente ad ostruzioni a carico del sistema venoso. Queste ostruzioni determinano un importante reflusso ematico che crea un considerevole sovraccarico di volume a livello del sistema venoso cerebrospinale con un rialzo dei valori pressori che possono raggiungere valori tra i 20 e 40 mmHg e la formazione di nuovi circoli di compenso.
La sede e l’entità del reflusso sono ben documentabili attraverso l’ecocolordoppler delle vene giugulari e attraverso l’angiografia che permette di visualizzare l’anatomia dell’intero albero venoso.

L’insufficienza venosa cronica cerebro spinale è caratterizzata da due quadri clinici:
l’ipertensione venosa cerebrale cronica determinata dalla stenosi delle vene si manifesta come: cefalea, astenia diffusa a volte debilitante, difficoltà di concentrazione, ipostenia agli arti, parestesie, disturbi visivi (riduzione del visus e diplopia), disturbi dell’equilibrio, urgenza o incontinenza urinaria. La correzione chirurgica delle stenosi venose determina una normalizzazione dell’ipertensione venosa cerebrale e una riduzione/regressione dei sintomi.
processi infiammatori circoscritti del tessuto cerebrospinale (placche) che determinano la distruzione del tessuto nervoso cerebrospinale causando una sintomatologia permanente legata alla sede della lesione. La riapertura del sistema venoso non modifica né le dimensioni delle placche né la sintomatologia.

“Oggi per il trattamento delle stenosi a carico delle vene brachiocefaliche, delle giugulari, dei seni trasversi e delle azigos – spiega il dott. Spagnolo – si ricorre prevalentemente all’angioplastica, spesso associata all’applicazione di stent. Purtroppo il trattamento con angioplastica delle vene giugulari è gravata da una elevata percentuale di ristenosi con miglioramento solo temporaneo del quadro clinico.
In considerazione dei limiti di questa tecnica abbiamo messo a punto una metodica chirurgica che garantisce una pervietà (apertura) del vaso a lungo termine con una regressione della sintomatologia”.
Si ricorre quindi alla costruzione di un nuovo bypass vena giugulare – vena brachiocefalica quando vi è l’ipoplasia (sviluppo anomalo) della vena giugulare,

mentre in presenza di setti valvolari, ostruzione e reflusso venoso viene applicata la tecnica della ricostruzione del vaso con un patch di vena safena prelevata dal paziente stesso.

“Il miglioramento clinico ottenuto – continua il dott. Luciano Barbato, componente dell’Équipe chirurgica – è da attribuire al riassorbimento dell’edema cerebrale e alla regressione dell’ipertensione venosa. La terapia medica ha un ruolo significativo nel favorire il riassorbimento dell’edema e nel trattamento delle placche ancora attive, ma un ruolo importante riveste la fisioterapia nel miglioramento e nel mantenimento delle funzioni motorie”.

La diagnosi precoce oggi permette un trattamento tempestivo delle stenosi prima che si creino danni irreparabili a carico del tessuto cerebrale. Inoltre l’alta percentuale di ottenere una condizione normale di apertura del condotto venoso grazie alla terapia chirurgica, fa si che si possa osservare l’andamento clinico dei pazienti operati nel tempo, la durata della regressione dei sintomi e soprattutto di controllare la comparsa di recidive.
Il trattamento di pazienti affetti da insufficienza venosa cronica cerebro spinale va valutato attentamente per decidere in ogni singolo caso la strategia terapeutica più idonea.


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