Soluzioni mini invasive per la chirurgia protesica

15 Luglio 2021

Le novità del prof. Biggi e della sua équipe di Monza

Ogni anno, in Italia, vengono impiantate circa 80.000 artroprotesi d’anca e 60.000 di ginocchio, ad indicare soluzioni chirurgiche in grado di risolvere i problemi, spesso invalidanti, determinati dalle patologie degenerative delle articolazioni maggiori: il grande incremento è legato ai risultati a lungo termine ed alla soddisfazione dei pazienti in termini di “qualità di vita”, ed è stato possibile grazie ad una costante ricerca da parte dell’industria di soluzioni tecnologiche e materiali in grado di riprodurre l’anatomia e la biomeccanica del distretto articolare protesizzato.
Di pari passo si sono affinate le tecniche chirurgiche di impianto, sempre più orientate verso soluzioni “mini-invasive”, in grado cioè di garantire il massimo rispetto dei tessuti molli che circondano l’osso, limitare il più possibile le resezioni ossee ai soli tessuti patologici, ridurre lo stress chirurgico per il paziente, favorire un rapido ritorno alla vita di relazione e permettere una completa integrazione nell’organismo delle componenti protesiche garanzia, quest’ultima, di durata nel tempo.
È completamente mutato lo scenario: da una chirurgia di “salvataggio”, riservata ad una popolazione in età avanzata ed a richieste funzionali limitate, ad un vero e proprio ripristino di quelle condizioni anatomo-funzionali che consentono, anche a persone giovani e attive, una vita completamente soddisfacente. La moderna chirurgia protesica, peraltro, offre soluzioni anche per altre articolazioni, in particolare spalla, gomito e caviglia, pur essendo queste articolazioni meno interessate dai processi degenerativi rispetto all’anca ed al ginocchio; ma, soprattutto, rispondendo alle esigenze di una popolazione sempre più longeva ed attiva, consente la sostituzione delle artroprotesi che, magari dopo 20-30 anni, hanno subito fenomeni di usura con conseguente mobilizzazione e dolore: non esiste più, quindi, il vecchio concetto “…aspetta ad operarti, sei troppo giovane…”, potendo il paziente affrontare l’intervento nel momento stesso in cui vede la propria qualità di vita gravemente compromessa.
La sempre più stretta collaborazione tra chirurgo ortopedico, bioingegneri ed industria ha reso possibile l’identificazione dei modelli che meglio possono riprodurre la biomeccanica, e quindi il funzionamento, della nuova articolazione; la scelta dei materiali con cui vengono costruiti e la cui biocompatibilità è garantita (rarissimi sono i casi di allergia ai metalli, alle ceramiche ed al polietilene); la creazione di strumentari che consentano al chirurgo interventi più semplici e costantemente riproducibili; l’elaborazione di nuove tecniche che riducono ampiezza dell’incisione, mortificazione dei muscoli e sacrificio di tessuto osseo; l’utilizzo dei sistemi di navigazione computer-assistita che possono ridurre le percentuali di errore umano durante l’inserimento delle componenti proteiche. Tutto ciò si traduce in un recupero funzionale precoce, con il trattamento riabilitativo che inizia immediatamente dopo l’intervento; nella possibilità di deambulare dopo 1-2 giorni con un rapido ritorno alla vita di relazione;nella ripresa dell’attività lavorativa in un periodo solitamente compreso tra 20-45 giorni; nel ritorno anche ad attività ricreative e sportive. È fondamentale, peraltro, sapere che non esiste chirurgia scevra da complicazioni: conoscerle, ma soprattutto prevenirle, fa parte di quel consenso informato che deve suggellare il rapporto medico-paziente. Il binomio mini-invasività/via anteriore può rappresentare una delle attualità più interessanti:

  • Una incisione di 7-10 cm sulla superficie anteriore ad una distanza di circa 2 cm dall’inguine
  • Il raggiungere l’articolazione sfruttando gli spazi naturalmente presenti tra i muscoli che rimangono pressochè intatti
  • La rimozione del solo tessuto patologico della cavità acetabolare e della testa femorale.
  • L’impianto di componenti protesiche di dimensioni estremamente ridotte, preceduto da una pianificazione pre-operatoria computer- assistita che consente una ricostruzione dell’articolazione, e non la sua sostituzione, minimizzando la possibilità di errore.
  • L’associazione con tecniche anestesiologiche che consentono di minimizzare le perdite ematiche e favorire una migliore analgesia post-operatoria.
  • La immediata riabilitazione con possibilità di ripresa funzionale in pochi giorni.

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