Infertilità Maschile: le cause e le terapie per contrastarla

30 Aprile 2018

La patologia osservata dagli specialisti del policlinico

Nel pieno rispetto del suo significato medico, si parla di sterilità in presenza di un’oggettiva incapacità della coppia di ottenere una gravidanza dopo 12 mesi di rapporti sessuali regolari e senza uso di metodi anticoncezionali; taluni autori estendono tale periodo sino a due anni. Da ciò si evince che la problematica vada affrontata su entrambi i fronti, sia quello femminile che quello maschile.

Il tema che trattiamo in questa sede (dal punto di vista urologico con il Dott. Massimo Tura, responsabile dell’Unità Operativa di Urologia del Policlinico di Monza, e da quello microvascolare con il Prof. Francesco Giuseppe Albergati, direttore del Centro di Microcircolazione del Policlinico di Monza) è quello dell’infertilità maschile.

L’Infertilità Maschile dal punto di vista Urologico

Secondo uno studio condotto dal Prof. Niels Erik Skakkebaek del 1994 l’infertilità riconosce per il 30-40% una causa maschile, per il 30-40% una patologia femminile, per il 20% un problema di entrambi e per il restante 10-20% una causa sconosciuta.
L’infertilità maschile non è considerata una sindrome omogenea e ben definita ed essa può essere determinata da cause: pretesticolari (mancata o ridotta produzione spermatica da inadeguata secrezione gonadica), testicolari (patologie primitive del testicolo), post-testicolari (da ostacolato trasporto lungo le vie spermatiche, da disturbi dell’eiaculazione, da alterata biofunzionalità nemaspermica).

È importante elencare quali sono i fattori di rischio che possono influenzare negativamente per tutto l’arco della vita di un uomo la sua capacità riproduttiva:

  • Febbre, in quanto se per diverso tempo la temperatura supera i 38,5° questa può alterare la spermatogenesi per un periodo compreso fra 2 mesi e 6 mesi successivi.
  • Farmaci, alcuni farmaci possono avere un effetto soppressivo sulla fertilità. L’arresto definitivo della spermatogenesi puo’ essere causato dall’irradiazione in zona genitale o da farmaci antitumorali.
  • Trattamenti chirurgici, alterazione temporanea della spermatogenesi a causa di un grosso intervento chirurgico che può durare da 3 a 6 mesi, ricordando che taluni interventi sull’apparato genitourinario possono provocare una riduzione definitiva e permanente della fertilità
  • Infezioni urinarie, episodi ricorrenti e trattamenti inadeguati possono associarsi a danni testicolari, epididimari e delle vie di trasporto con conseguente scarsa o nulla qualità del liquido seminale.- Malattie sessualmente trasmesse, possono rappresentare un fattore di rischio per la fertilità.
  • Epididimite
  • Orchite post-parotitica
  • Varicocele, è una patologia presente sino al 35% degli uomini infertili e può essere abbastanza difficoltoso il suo riconoscimento all’esame obiettivo. La patologia è rappresentata dalla incompetenza della vena spermatica a far progredire il sangue verso il cuore con comparsa di vene varicose a carico del plesso pampiniforme del testicolo.
  • Criptorchidismo, ossia la ritenzione del testicolo, mono o bilaterale, influenza in maniera variabile la fertilità. La sua correzione precoce, chirurgica o farmacologia, è ritenuta fondamentale per garantire la fertilità e per ridurre il rischio di tumore del testicolo.
  • Traumi e torsioni testicolari, sono fattori di rischio soprattutto se accompagnati da danno diretto del testicolo.
  • Disfunzioni sessuali, rappresentate dell’eiaculazione retrograda e dalla disfunzione erettile.

Tra gli altri fattori che incidono negativamente sulla fertilità maschile dobbiamo ricordare: fumo, inquinamento, esposizione a sostanze tossiche, abuso di alcol e uso di droghe. La diagnostica dell’infertilità maschile segue un iter specifico standardizzato rappresentato da:- Anamnesi e valutazione del fattore femminile- Esame obiettivo- Esame del liquido seminale- Ecocolordoppler scrotale – Ecografia transrettale della prostata, vescicole seminali- Esami ematologici- Diagnostica genetica- Esami citologici e colturali su secreto prostatica- Diagnostica invasiva.L’esame fondamentale risulta essere la valutazione dei caratteri qualitativi e quantitativi dello sperma ossia lo spermiogramma.

Questo rappresenta il punto di partenza o primo livello e comprende la valutazione degli aspetti macroscopici (aspetto, viscosità, fluidificazione, volume, pH, ecc.) e microscopici (concentrazione nemaspermica, concentrazione totale, percentuale di motilità, morfologia, vitalità). Per una corretta esecuzione dell’esame è necessario osservare un corretto periodo di astinenza superiore a 5 giorni; è inoltre consigliabile che il campione non venga raccolto in una sede diversa da dove verrà analizzato. I più importanti parametri di riferimento dello spermiogramma sono:

  • Volume eiaculato ml >1.5
  • Conta totale spermatozoi/ eiaculato > 39 milioni
  • Concentrazione nemaspermica/ml > 15 milioni/mlù
  • Motilità totale (progressiva + non progressiva) >40%
  • Motilità progressiva >32%
  • Vitalità (spermatozoi vivi) > 58%
  • Forme normali > 4%
  • pH > 7.2
  • Leucociti < 1x 106/ml

Tale iter diagnostico fatto eseguire dallo specialista andrologo può in molti casi, ma non in tutti, portare a stabilire la causa dell’infertilità maschile. Nel liquido seminale le anomalie che più frequentemente si possono evidenziare sono: un basso numero di spermatozoi od Oligospermia; l’assenza totale di spermatozoi od Azoospermia; ridotta mobilità od Astenospermia; alterazioni della forma o Teratospermia.

Oltre agli esami ematologici di routine si aggiungono gli esami ormonali, indirizzati alla valutazione degli ormoni che stimolano la produzione e talvolta gli esami genetici. L’Ecocolordoppler scrotale e l’ecografia prostatica transrettale sono esami fondamentali con i quali si valutano la morfologia dei testicoli e della prostata, l’eventuale presenza di masse, noduli e infiammazioni.

Ma soprattutto ci consentono di fare una diagnosi accurata di varicocele o di prostatite. Nei casi in cui sia riscontrata la totale assenza di spermi nell’eiaculato o una severa riduzione è utile e talvolta fondamentale eseguire una Biopsia del testicolo, che potrà non solo dimostrarci la eventuale presenza di spermatozoi nel testicolo stesso, ma darci la possibilità di prelevarne per utilizzarli in varie procedure di fecondazione assistita. Inoltre la presenza di spermi maturi nel testicolo può indirizzare all’esecuzione di una Vescicolodeferentografia nell’intento di dimostrare una causa ostruttiva a carico della via di trasporto degli spermi.

Parlando di terapia, l’obiettivo del trattamento è quello di migliorare la qualità del seme del paziente. Il trattamento della causa dell’infertilità maschile può determinare un aumento di probabilità di concepimento naturale. Laddove ciò non avvenga o non sia possibile serve comunque a migliorare la probabilità di successo delle tecniche di fecondazione assistita o consentire di utilizzare tecniche meno complesse come ad esempio l’inseminazione uterina. Si stima che 1/3 degli uomini infertili, una volta sottoposto alle adeguate cure, riesce ad avere una paternità naturale.

Per gli altri aumentano le possibilità di successo della fecondazione assistita. In base alla gravità delle alterazioni, l’andrologo può avvalersi di differenti trattamenti, dai più semplici ai più complessi.
È importante sottolineare che anche i casi più ostinati possono essere sottoposti a terapia medica, infatti, perfino i casi che fino a pochi anni or sono avevano come unica soluzione l’inseminazione artificiale da donatore o l’adozione, oggi possono essere trattati con successo mediante tecniche di micromanipolazione.

La terapia farmacologica è finalizzata a correggere quelle alterazioni che hanno determinato l’infertilità non esistendo una terapia univoca che aumenti la concentrazione degli spermatozoi e ne corregga le anomalie di forma.
Ad esempio determinati ormoni vengono utilizzati con successo per combattere l’ipogonadismo ipogonadotropo o dopo l’intervento di varicocele. Antibiotici ed antinfiammatori si usano nella terapia delle infiammazioni del testicolo e della prostata e gli antiossidanti (es. il coenzima Q10) che si utilizzano per migliorare la qualità dello spermatozoo.
Nel caso in cui l’infertilità sia legata a patologie non suscettibili di approccio medico interviene la chirurgia; questa è finalizzata alla risoluzione delle patologie come il varicocele, l’ostruzione delle vie genitali, cisti o malformazioni dell’utricolo prostatico.

Se nonostante tali approcci le caratteristiche dello sperma non migliorano a tal punto da determinare il concepimento, oggigiorno possono essere intraprese le tecniche di recupero degli spermatozoi che mirano alla risoluzione della forma patologica definita come Azoospermia.
Tale forma a sua volta si può suddividere in Azoospermia secretiva (caratterizzata da azoospermia, atrofia testicolare ed elevati livelli di FSH) e Azoospermia ostruttiva (azoospermia, livelli FSH normali e normale trofismo del testicolo). La forma congenita principale di azoospermia ostruttiva è l’assenza bilaterale dei dotti deferenti CBAVD. Le tecniche più comuni di recupero degli spermatozoi dall’epididimo e dal testicolo sono: MESA (Microsurgical Epididymal Sperm Aspiration), PESA (Percutaneous Epididymal Sperm Aspiration), TESE (Testicular Sperm Extraction), TESA (Percutaneous Testicular Sperm Aspiration).

l’Infertilità Maschile dal punto di vista Microvascolare

La Microcircolazione ricopre un ruolo fondamentale in ambito andrologico per il delicatissimo compito che hanno i piccoli vasi sanguigni sia arteriolari che venulari nel favorire (“viserigendi”) e mantenere (“vis coeundi”) lo stato di rigidoerezione peniena.
Ulteriori dati clinici e sperimentali indicano a chiare lettere che la microcircolazione è coinvolta anche nella fertilità e numerosi sono anche i dati bioptici in nostro possesso che confermano questo importante ruolo e mostrano quante e quanto estese siano le modificazioni microvascolari presenti nei microvasi dei testicoli in corso di varicocele.

I primi dati evidenziati (pubblicati sul “Giornale Italiano di Andrologia”) di severe alterazioni microvascolari in pazienti con varicocele risalgono al 1993, quando il Prof. Sergio Curri e il Prof. Francesco Albergati misero in evidenza che esistevano nette differenze tra soggetti sani e pazienti con varicocele sia mono che bilaterale. Un altro aspetto interessante fu anche quello che simili alterazioni riscontrate nel varicocele, ma di minore estensione, vennero evidenziate in soggetti sani a costituzione “brachitipica-longilinea” che si sottoponevano a ripetuti “sforzi muscolari” a carico del torchio addominale (ad esempio con il sollevamento pesi) e in pazienti senza varicocele, ma con insufficienza venosa anche di moderata intensità.

Queste alterazioni non vennero mai riscontrate in soggetti sani. Le conclusioni sono che la ipossia microcircolatoria, ovvero la cronica riduzione del microflusso sanguigno, crea severi problemi ai testicoli. A questo punto occorre però aprire una piccola parentesi di tipo concettuale. Il varicocele è considerato come una malattia predominantemente “monolaterale” sinistra e causa principale di infertilità maschile.

Poiché sappiamo che la normale fertilità può essere conservata anche con un solo testicolo funzionante, ne consegue che l’infertilità è necessariamente sinonimo di disfunzione testicolare bilaterale. Per spiegare questo aspetto sono state proposte due principali teorie per cui si ritiene che, in primo luogo, il varicocele destro sia di difficile riconoscimento anche per ragioni anatomiche vere e proprie dei vasi sanguigni coinvolti. In secondo luogo si pensa che il varicocele destro può causare difetti ematici e ossigenativi a carico del testicolo sinistro anche “sano”.

Senza entrare nei dettagli complicati delle leggi della fisica dei fluidi, il dato micro circolatorio fondamentale è, in termini estremamente sintetici ed esplicativi, che in seguito alla distruzione irreversibile delle valvole venose “ad una via”, che appunto garantiscono la costante unidirezionalità dello scorrimento del sangue quando sono perfettamente integre, si vengono a creare inizialmente gravi “turbolenze” a carico della colonna ematica endoluminale cui seguono iniziali, reversibili e “localizzate” alterazioni endoteliali che danno origine a microspasmi ed a piccolissime (ma ben riconoscibili a livello microcircolatorio) microflebiti locali.
Poiché l’endotelio vicino alle zone di costante riflusso venoso è costantemente sottoposto a tale turbinoso scorrimento del sangue, “informa” zone sempre più distanti di cellule endoteliali identiche del proprio stato di sofferenza e le “preallerta”, nel senso che se il processo patologico di ristagno per distruzione delle valvole tende a durare più di quanto “sopportabile” queste cellule reagiranno esattamente come quelle già sofferenti, conducendo in tal modo alla formazione di microflebiti sempre più numerose e estese anche a zone distanti dal processo iniziale.

Sulle microflebiti si verranno a creare delle microtrombosi venose con il risultato, in termini puramente “microidraulici”, di “chiusura” al passaggio del sangue in questi capillari e di “iperpassaggio” in altri che devono supportare e sopportare un sempre maggiore e abnorme incremento sia di quantità che di flusso ematico. A lungo andare anche altri fattori (ad esempio quelli cosidetti “chemiotattici”) aggravano lo stato generale del microcircolo testicolare dirottandolo in una vera e propria “Microangiopatia da Stasi” (malattia da ristagno dei piccoli vasi) a livello sia capillare vero e proprio che delle iniziali venule post-capillari, strutture anatomiche di vitale importanza poiché “cardine formativo” delle vene vere e proprie.

Da notare che questi processi si ritrovano presenti in quantità cinque volte maggiore nel testicolo con varicocele rispetto al testicolo sano. Il processo di “stasi” non si ferma alle sole venule, ma viene a coinvolgere, seppur in tempi successivi, anche le minuscole arteriose che hanno il delicato compito di fornire sangue al capillare ed alle stesse venule post-capillari. In sintesi, il normale gradiente di pressione tra il comparto arteriolare e capillaro-venulare viene ad essere completamente e irreversibilmente alterato fino alla vera e propria scomparsa dei normali valori di “microperfusione tissutale”, con il risultato finale che anche le arteriose si “sfiancano” e non sono più in grado di spingere adeguatamente e costantemente il sangue in avanti, processo che in microcircolazione prende il nome di “iposfigmia-asfigmia arteriolare” che è sinonimo di persistente ipossia.

Ai nostri giorni questi dati sembrano essere ulteriormente importanti, si considerino alcuni studi scientifici che evidenzierebbero che anche il cosidetto “stress ossidativo” potrebbe rappresentare una delle molteplici cause di microangiopatia da stasi oltre che di numerose altre patologie a carico di cellule e tessuti, anche se per la verità le conclusioni su tali aspetti non sembrano ancora del tutto univoche.
Un’altra ipotesi di coinvolgimento precocissimo del microcircolo nel varicocele vedrebbe coinvolta una severa alterazione dei normali “connettivi” testicolari (complicate strutture che “collegano” le cellule tra loro) proprio in virtù di studi effettuati in animali da esperimento ove si è visto che l’iniziale incremento delle pressioni venose in seguito a una primitiva microangiopatia da stasi venulare proprio a livello del “plesso pampiniforme” sarebbe in grado di far aumentare di circa l’80% la pressione arteriolare precapillare nel tentativo di “forzare” questo blocco micro circolatorio a monte, producendo un iniziale “allagamento” ulteriore di sangue che si aggiungerebbe alla stasi già presente nelle venule post-capillari e che darebbe origine a quella serie di eventi flebitico-trombotici descritti in precedenza.

Anche se questi dati attendono ulteriori e più ampie conferme ed anche se oggi concordiamo sul fatto che il varicocele rappresenta una vera e propria “varice” a livello testicolare, non bisogna mai dimenticare che in ogni varice c’è un vaso sia “piccolo” che “grande” che soffre e che soffre perché inzialmente le valvole interne sono andate incontro a processi irreversibili di “incontinenza” non riuscendo più a garantire una corretta circolazione venosa verso il cuore. Occorre non dimenticare mai che accanto ad un microvaso “sanguigno” c’è sempre un microvaso “linfatico” che ha al suo interno le medesime valvole che garantiscono la normale direzione di scorrimento della linfa.

Tutto quello che succede a livello circolatorio sanguigno si riverbera a livello circolatorio linfatico, tanto a livello degli arti inferiori quanto a livello dei testicoli.
E’ quindi sempre più importante inquadrare la malattia e pensare alle soluzioni, tenendo in considerazione sia l’aspetto più “macroscopico” che l’aspetto più “microscopico”, dal momento che il primo funziona proprio perché il secondo gli garantisce, istante per istante e per tutta la durata della nostra vita, la capacità di “continuare a funzionare”.


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