Attacco incrociato all’ipertensione: il cuore non è l’unico bersaglio

2 Maggio 2018

La parola agli specialisti sui vari risvolti della patologia

Che l’ipertensione sia un rischio per la salute dell’individuo ormai è un dato di fatto, ma forse non tutti sanno che questa patologia attacca l’organismo da diversi fronti. Di seguito daremo quindi voce a diversi specialisti del Policlinico di Monza che saranno parte integrante del nuovo Centro Studi Ipertensione e Malattie Vascolari dell’Istituto Clinico di Verano Brianza.
Nel corso della sua attività clinica il nefrologo si confronta quotidianamente con l’ipertensione arteriosa nei suoi vari aspetti: diagnostici, terapeutici ed epidemiologici. La relazione tra malattia renale ed ipertensione arteriosa è bidirezionale: in più dell’80% dei casi l’ipertensione arteriosa complica la malattia renale, infatti il danno renale può subentrare nel corso naturale dell’ipertensione arteriosa non adeguatamente trattata, d’altro canto il rene stesso può essere causa di incremento dei livelli di pressione arteriosa.
L’ipertensione arteriosa quale causa di peggioramento renale ha delle evidenti ricadute terapeutiche infatti, se non trattata adeguatamente, l’ipertensione agisce da acceleratore della tendenza al progressivo deterioramento della funzione dei reni. Il controllo pressorio e l’appropriata scelta della classe farmacologica sono alla base del trattamento ambulatoriale della malattia renale cronica soprattutto nei pazienti che presentano un più elevato rischio di evoluzione uremica come quelli affetti da diabete, obesità e malattia aterosclerotica. La massima attenzione deve essere quindi posta a partire dai primi gradi di insufficienza renale utilizzando l’ampia gamma dei farmaci disponibili che oltre all’azione sulla pressione arteriosa manifestano un favorevole e decisivo impatto sui meccanismi intrinseci di progressione dell’insufficienza renale. Considerazione deve essere anche posta sui recenti progressi nella terapia dell’ipertensione resistente attraverso le procedure di denervazione renale. L’ effetto terapeutico sull’ipertensione è legato al fatto che il rene è al centro del complesso sistema di regolazione del sodio e dell’acqua, dei volumi dei compartimenti extracellulari, delle resistenze ematiche periferiche attraverso meccanismi funzionali ed endocrini.
dott.ssa Cinzia ballabeniDiscorso a parte merita l’importanza di una diagnostica nefrologica sistematica volta ad individuare quei casi di ipertensione nefrovascolare dove la causa dell’ipertensione è il rene.

La stenosi o l’occlusione di una o di entrambe le arterie renali principali, di un’arteria renale accessoria o dei suoi rami, può causare ipertensione arteriosa attraverso la stimolazione della liberazione dell’enzima renina da parte delle cellule iuxtaglomerulari del rene interessato. La causa più frequente di stenosi dell’arteria renale in pazienti con età maggiore di 50 (di solito uomini) è l’aterosclerosi; nei pazienti più giovani (di solito donne), è la displasia fibrosa dell’arteria. Anche se la malattia nefrovascolare rappresenta meno del 2% di tutti i casi di ipertensione arteriosa, risulta doveroso escluderla attraverso una semplice ecografia con Doppler essendo una forma curabile. Altra causa di ipertensione renale è l’insufficienza renale acuta ove la causa del rialzo pressorio è conseguente alla ritenzione acuta idro-salina. Anche il bulbo oculare risente degli effetti negativi indotti dallo stato ipertensivo cronico, soprattutto a carico di strutture quali retina, coroide e sistema vascolare del nervo ottico. La retina costituisce una struttura d’elezione per valutare gli effetti dell’ipertensione arteriosa sul microcircolo poiché le arteriole e le vene retiniche possono essere visualizzate facilmente ed in modo non invasivo mediante un semplice esame oftalmoscopico. L’osservazione dell’albero vascolare fornisce utili informazioni, seppure indirette, circa le condizioni vascolari generali, cerebrali e renali.

La retinopatia ipertensiva si presenta con una serie di alterazioni del microcircolo che si sviluppano in conseguenza delle fluttuazioni della pressione arteriosa e del perdurare dello stato ipertensivo; tali alterazioni diventano evidenti soprattutto nei soggetti sopra i quaranta anni di età. Col passare del tempo il soggetto iperteso non trattato va incontro ad alterazioni dei vasi retinici, ossia:
riduzione della dimensione (calibro) delle arterie, che si restringono progressivamente dilatazione delle vene, che tendono ad assumere un decorso tortuoso formazione di incroci artero-venosi ad angolo retto.
prof. Stefano miglior Questo tipo di evoluzione della malattia porta alla formazione di aree in cui manca l’apporto di ossigeno e di nutrienti (aree ischemiche della retina): all’esame del fondo oculare potrebbero essere presenti essudati duri, molli (anche a forma di batuffolo di cotone) e piccole emorragie (disposte nello strato delle fibre nervose). Anche la coroide va incontro alla formazione di aree non irrorate, mentre il nervo ottico, almeno nelle forme più avanzate della malattia, si può sollevare a causa della presenza di un certo grado di èdema papillare. Queste modificazioni sono lente e progressive, ma alla lunga possono compromettere la normale capacità visiva.

Nelle forme lievi non sono presenti disturbi, mentre nelle forme più avanzate di retinopatia ipertensiva la visione può risultare annebbiata e le immagini distorte.
L’ipertensione arteriosa maligna primitiva, spesso secondaria ad insufficienza renale, feocromocitoma (tumore del surrene), patologie del tessuto connettivo e gravidanza possono portare oltre che alle anomalie vascolari descritte anche ad edema retinico diffuso fino a giungere al distacco retinico.
Mediante il controllo del fondo oculare si possono evidenziare le alterazioni retiniche a carico del microcircolo, contribuendo così alla diagnosi precoce di uno stato ipertensivo latente e consentendo, con l’ausilio del cardiologo o dell’internista, un trattamento farmacologico adeguato. In questo modo si potrà formulare un giudizio sull’efficacia della terapia antipertensiva in atto. È evidente, quindi, che un controllo periodico della condizione del fondo dell’occhio, potrà fornire un’informazione accurata sulla evoluzione di eventuali alterazioni retiniche causate dall’ipertensione.

Dott Perseghin Quando in un paziente iperteso si manifestino anche altri due dei seguenti fattori di rischio: trigliceridi ematici superiori a 150 mg/dl; glicemia a digiuno superiore a 100 mg/dl; colesterolo HDL inferiore a 40 mg/dl nell’uomo o a 50 mg/dl nelle femmine; circonferenza addominale superiore a 94 centimetri per i maschi o a 88 centimetri per le femmine, allora l’individuo in questione è affetto da “sindrome metabolica”.
Questa patologia interessa quasi la metà degli adulti al di sopra dei 50-60 anni.
Un’incidenza già di per sé allarmante, ma che verosimilmente crescerà nei prossimi anni sulla scia del dilagare dell’obesità infantile.
Un cambiamento drastico dello stile di vita e, in alcuni casi, i farmaci possono migliorare tutti i fattori della sindrome metabolica. Fare più attività fisica, perdere peso e smettere di fumare contribuiscono a ridurre la pressione sanguigna e a migliorare i livelli di colesterolo e zucchero nel sangue.


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